09/09: la mia prima volta (oggi è il mio compleanno di lavoro, post un po’ lungo, un po’ nostalgico e forse anche melenso)

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09/09: la mia prima volta (oggi è il mio compleanno di lavoro, post un po’ lungo, un po’ nostalgico e forse anche melenso)

24 (ventiquattro) anni fa mi presento alle 7.50, a Vicenza,  in un’azienda cosmetica oggi parte di un gruppo lombardo. 23 anni, con la frangia ne dimostro 18, però mi sono vestita da donna in carriera, ho con me il contratto firmato a luglio (lavoro subordinato a tempo indeterminato, stipendio netto L. 900.000 x 13, contratto chimici), un blocco Pigna a quadretti e una bic (non si sa mai), un vasetto di miele che nel mio primo giorno che abito da sola non sono riuscita ad aprire e per il quale intendo chiedere aiuto.

Dopo la responsabile del personale chiedo di vedere il mio capo, quel britannico ex JWT che al secondo colloquio mi ha sconsigliato di accettare l’offerta argomentando, nel suo italiano creativo: “tu sei chiodo troppo grosso per questo buco”. Oggi non c’è, c’è una lettera di benvenuto con i primi compiti da “assistente all’Ufficio Pubblicità”, iniziare a impostare l’archivio degli esecutivi e preparare il folder per l’Ing. Taldeitali. Cos’è un esecutivo? Cos’è un folder? Ma Alessandra la segretaria mi rincuora e mi porta un caffè nella tazzina di porcellana. In futuro non mi lascerà praticamente toccare la macchina da scrivere, troppa tecnologia, mi costringerà a chiedere un personal computer. Comincio a fare il giro degli uffici per presentarmi, dopo i saluti molti vanno avanti in dialetto vicentino, mi avevano chiesto ai colloqui com’era il mio inglese, bah. Le ragazze dell’estero mi dicono che solo loro sanno fare i telex e dovrò chiedere, è una cosa difficile e tu se hai fatto il classico non puoi. Oggi è arrivato un nuovo aggeggio, si chiama fax. Non chiamare in Spagna al mattino che le linee non prendono. Non hai il camice? No. Sei una dottoressa? Non ancora. Allora ti daranno il camice e poi se lavori come fai a finire l’università.

L’ho finita l’università, ne ho anche iniziata e finita un’altra, ma i telex non li so fare, il camice me lo hanno dato per entrare in laboratorio, con le mie cifre ricamate e le spalline imbottite, ho imparato cos’erano gli esecutivi, scritto un ettaro di testi, dribblato l’Autodisciplina, imparato a lavorare contemporaneamente a Milano e Vicenza quando internet non c’era, scoperto che la camera dell’hotel a Madrid era notevolmente più grande di casa mia, trattato diritti per natiche e gambe, abbronzato da me le modelle con un prodotto pieno di pagliuzze dorate per risparmiare, fatto un casting a Jean Marie Marion, girato con la troupe in straordinario, impostato il piano mezzi in Lotus 123 (e il presidente mi ha aumentato lo stipendio quando l’ha visto),  impostato presentazioni con StoryBoard (antenato di Power Point), visto il mio capo andarsene da un giorno all’altro, pulito l’ufficio trovando il mio profilo stilato dalla psicologa della società di selezione, gestito gare con agenzie di pubblicità, corretto bozze allo sfinimento, inventato nomi di fondotinta, assaggiato la crema giorno come la nutella, visitato le farmacie di mezzo mondo, litigato con dirigenti stronzi, fatto la stronza con dirigenti, truccato tutte le impiegate con i nuovi mascara, trattato con distributori finlandesi, creato il database dei campioni della concorrenza, presa la responsabilità dell’ufficio, scritto il primo piano di comunicazione di quell’azienda,  scritto il primo piano marketing, ricevuto nuovi biglietti da visita “scriviamo direttrice o  direttore marketing?”,  selezionato product manager, impostato budget, tagliato budget, lottato sui centri di costo, vomitato briefing, headline, body-copy, pay-off, packshot, pre-production meeting, shooting, odiato le foto scontornate e le traduzioni fatte male, prodotto lucidi, sputtanato qualcuno che si credeva troppo furbo, aiutato qualcuno che era solo in un momento un po’ così, sbagliato un sacco di roba, corretto tanto, scoperto  il soffitto di cristallo, sbattuto la porta per innamorarmi di un’altra azienda, ma questa è un’altra storia.

Ogni anno, il 9 settembre ci penso e mi fermo a sorridere e pensare a come era diverso allora il mondo del lavoro, alla fortuna di aver incontrato un capo incredibile anche se per troppo poco tempo, a quanto sia difficile oggi dare le stesse cose a chi comincia. E spesso, quando leggo un curriculum, mi chiedo com’è stato il primo giorno.