Nubifragio su Milano: che sia ora di cambiare il modo di lavorare?

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Nubifragio su Milano: che sia ora di cambiare il modo di lavorare?

Stamattina mi sono svegliata nel mezzo del monsone milanese. Come al solito sono salita in ufficio, ho lavorato un po’, poi mi sono messa in strada come se niente fosse.

Code, sottopassi allagati, tratto urbano dell’A4 praticamente fermo. Dai finestrini ci guardavamo tutti chiedendoci perchè non eravamo rimasti a casa e la stramaledetta riunione non l’avevamo fatta via skype. Ho rimandato l’appuntamento, passato due ore in coda all’andata e una tentando di rientrare. Mi sembra di ricordare che già quando ero piccolina qualcuno diceva che dovevamo spostare i dati e non le persone. Da allora ho imparato a memoria i caselli da Vicenza Ovest a Cormano, visto costruire terze corsie e poi quarte corsie.

Mentre scrivo sarei reperibile per assistenze a distanza per un corso di creazione d’impresa, ma a 15 minuti dalla chiusura della “finestra di reperibilità” nessuno ne ha usufruito, sebbene i partecipanti abbiano richiesto a gran voce colloqui tradizionali. Chissà perchè le attività a distanza attirano così poco gli utenti, e dire che mi ero pure truccata per contrastare l’effetto di imbruttimento (e a volte di abbrutimento) della webcam.

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Mi sta bene, sono troppo morbida con i clienti e non li forzo tanto quando mi dicono “ma secondo noi è meglio vederci di persona”.  Metterò nel manuale di Bonucchi e associati: “Durante il monsone milanese fissare solo riunioni via skype (o gmail o quello che preferite purchè non debba passare in A4)”.